Nella circolare n. 18 del 19 novembre 2018, gli esperti della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro rispondono alle FAQ pervenute riguardo le novità legislative introdotte dal Decreto Dignità (L. N. 96/2018).
Distinzione tra proroga e rinnovo
La Fondazione Studi fa presente che costituisce “rinnovo” di un contratto di lavoro a tempo determinato la stipula di un contatto a termine rispetto al quale sia presente un precedente vincolo contrattuale, senza imporre l’indicazione di analogia di livello, qualifica o di altri elementi riferiti al precedente contratto e a prescindere dalla distanza di tempo intercorsa tra i contratti.
In particolare, viene esaminato il caso di un precedente contratto a tempo determinato di tre mesi trasformato, prima della scadenza, in tempo indeterminato cui siano seguite le dimissioni liberamente rese dal lavoratore. La Fondazione spiega che:
- per proroga si intende il protrarsi nel tempo del medesimo contratto attraverso il rinvio di un termine o di una scadenza;
- per rinnovo si intende la “rinegoziazione”, tra i medesimi soggetti, delle condizioni contrattuali, fermo restando il mantenimento della stessa categoria legale e mansione.
Appare dunque evidente che, nel caso di specie, si tratta di un rinnovo e che il precedente contratto deve essere tenuto in considerazione ai fini della durata massima di 24 mesi.
Con specifico riferimento alle attività stagionali, viene specificato che nel contratto di lavoro stagionale non trovano applicazione le disposizioni in materia di successione dei contratti che prevedono il c.d. “stop and go”. Più contratti stagionali possono dunque susseguirsi senza soluzione di continuità.
Causali e CCNL
È possibile stipulare un contratto di durata immediatamente superiore a 12 mesi ma, laddove il rapporto non sia di natura dirigenziale, è necessario introdurre da subito la causale.
Alcuni contratti collettivi prevedono ipotesi specifiche in cui non è necessario introdurre causali. Tuttavia, il testo normativo innovato dal Decreto Dignità non permette ai contratti collettivi nazionali di intervenire sulle causali, che rimangono comunque sempre obbligatorie.
Negli appalti privati, la determinazione dei trattamenti retributivi minimi da garantirsi ai lavoratori impiegati nell’appalto è affidata all’autonomia contrattuale collettiva, con possibili divaricazioni salariali, all’interno del medesimo appalto, tra i dipendenti del committente e quelli dell’appaltatore, le cui prestazioni possano apparire astrattamente omogenee o comparabili. Il legislatore al riguardo fa riferimento agli accordi e contratti collettivi nazionali nonché a quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Nuovi limiti di indennizzo
I nuovi importi delle indennità per i licenziamenti illegittimi si applicano a tutti i contratti a tutele crescenti e dunque a tutti i licenziamenti irrogati dopo l’entrata in vigore del decreto dignità, anche se nell’ambito di un contratto di lavoro risalente a prima dell’entrata in vigore del decreto stesso.
Altri chiarimenti
Nella circolare viene inoltre chiarito che:
- non è previsto un periodo transitorio per il nuovo limite quantitativo legale del 30% in sommatoria tra contratti a termine e in somministrazione a tempo determinato. Tuttavia i contratti in corso alla data del 12 agosto 2018 e in eccedenza rispetto ai nuovi limiti continuano fino alla loro naturale scadenza;
- i nuovi limiti e la maggiorazione contributiva sui contratti di lavoro a termine non trovano applicazione ai rapporti di lavoro tra i datori di lavoro agricoli e agli operai a tempo determinato, mentre si applicano ai rapporti a tempo determinato relativi a quadri ed impiegati del settore agricoltura.